Second Life: tra apertura di possibilità e natura antidemocratica

Le voci sulla morte di Second Life sono oltremodo esagerate. Eppure la riflessione in Italia è necessaria. Lo scarto tra i progetti presenti e la disattenzione mediale, ad esempio, oppure tra l’investimento di molti singoli e la sottovalutazione da parte di istituzioni culturali (università comprese) e mondo dell’impresa.

Usciti dall’hipe è evidente che la fase di riflessione su utilità e forme emergenti dovrebbe essere più attenta. La comunità italiana (una parte) si confronta… sui social network. Di qui anche accorati appelli a Second Life come patrimonio culturale anche italiano.

Ora, più “a freddo”, vorrei condividere con voi un mio punto di vista sulla natura più intima di Second Life, tesa tra apertura di possibilità e dinamiche “antidemocratiche” ed elitarie che stanno al centro del suo essere, soprattutto in Italia, diventata una realtà di nicchia.
Second Life è un meta-metaverso che contiene il “possibile altrimenti” dei mondi metaforici: da land persistenti a land MMORPG (Massive Multiplayer Online Role Playing Game); da chat del muretto a raffinate interazioni sociali.
Con SL si genera e si rende esplorabile un versante metaforico del mondo, cioè un “come se” capace di esplicitare e rendere fungibile la contingenza. È possibile giocare con la contingenza della vita, “trattarla”, sceneggiare le proprie vite immaginate, con un grado di libertà direttamente proporzionale alle possibilità generative che il mondo offre, plasmando quindi sé stessi e l’ambiente circostante – pur nei vincoli delle competenze di programmazione ma con la possibilità di acquistare ciò che si progetta su di sé.
La sua forza sta nella capacità di incarnare un orizzonte delle possibilità e il suo valore nell’accettare e perseguire cognitivamente la condizione di contingenza, oscillando tra il proprio sé-corpo e il proprio sé-avatar.
A ben vedere vivere vite possibili, confrontarsi riflessivamente con “persone” mediali è un’acquisizione evolutiva dei media moderni. Con Second Life andiamo oltre. Non si tratta solo di osservare come altri osservatori osservano, guardare come si guarda il mondo – ad esempio attraverso “gli occhi” e l’esperienza di Madame Bovary o di Gregor Samsa – ma di osservarci mentre agiamo un mondo. L’osservazione di secondo ordine (osservare un osservatore) diviene una condizione di oscillazione tra un fuori, del mondo reale, e un dentro, di un mondo simulato, che agiamo in modo realistico – a volte iperrealistico – pur attraverso l’esperienza di un suo contenuto finzionale. Ci guardiamo guardare con gli occhi dell’avatar.

Allo steso tempo la natura sociale e collettiva di Second Life è elitaria e antidemocratica.

Penso alla tendenza a sviluppare una dinamica star-avatar/neo-avatar che esalta le capacità espressive da una parte e l’incompetenza dall’altra. Gli ipercompetenti e i neofiti sono tutto sommato protagonisti per motivi diametralmente opposti. I primi sono considerati, sviluppano progetti, vengono seguiti, ecc. I secondi vengono accolti, stimolati, coinvolti, ecc. I primi hanno forti motivazioni che li portano a sviluppare la loro reputazione in Second Life. I secondi cercano la loro via, i modi di “stare” e abitare. C’è poi una parte intermedia, di chi non è star e non è neofita che rappresenta uno strato significativo ma dimenticato. Una maggioranza silenziosa utile per riempire le land, attiva magari nelle conversazioni a due a due (IM) ma invisibile nelle dinamiche di gruppo. Che ascolta più che parlare. Magari che viaggia costantemente per osservare cose e scoprirne di nuove. Mentre le élite star/niubby si fossilizzano.

Second Life è poi comunicativamente antidemocratica: pensate a un qualsiasi sito di social network, ad esempio Facebook. Tu hai la tua pagina che costruisci, eventi cui aderisci e che sono visibili nella “tua” pagina, relazioni che sviluppi e che lasciano traccia nella “tua” pagina, ecc. In Second Life c’è chi possiede land, case e negozi ed organizza eventi, ecc. Tu partecipi alla “loro” “pagina”, ma la tua “presenza” comunicativa è invisibile, non lascia traccia… Questo è uno dei motivi che porta ad investire meno in Second Life: la tua partecipazione comunicativa resta episodica se non diventa strutturalmente una componente del mondo. In Second Life devi essere “fisicamente” presente: essere ed esserci coincidono. In un social network sei sempre presente, e la ricercabilità dei contenuti comunicativi sul web fa sì che la tua comunicazione sia attualizzata sempre. In Second Life dipende unicamente dalla tua presenza: Second Life è oralità digitale, non un mezzo di comunicazione di massa per le masse.

E’ in questa oscillazione della sua natura, tra possibilità e dinamiche elitarie, che le istituzioni culturali devono inserirsi aprendo a progetti forti, coinvolgenti e partecipativi. Ma soprattutto capaci di integrare i diversi piani del web, quelli più aperti alle forme di comunicazione di massa per le masse.

9 pensieri riguardo “Second Life: tra apertura di possibilità e natura antidemocratica

  1. Mi è piaciuta molto la tua visione su Second Life, in effetti uno dei successi di SL è stata la possibilità di “creare” il proprio mondo e vivere da protagonisti. Ma quanti avatars sono entrati come basic account? Quanti sono entrati solo per guadagnare miseri L$ senza mai spedere un euro? Moltissimi. Come social network SL ha fallito perchè tutto concentrato sull’aspetto capitalistico reale. Tutto basato sull’economia. Puoi creare il tuo mondo, ma per farlo devi spendere un mucchio di L$ se non di dollari. Se non spendi in fondo sei povero, troppo simile alla vita reale … Come social network lo considero piu’ vicino al Monopoli che a Facebook. Basta pensare a quanti sono entrati in questo mondo virtuale pensando di diventare imprenditori …
    Second Life deve cambiare per sopravvivere altrimenti, anche se l’idea è stata geniale ed innovativa, presto morirà. E’ un caso che alcuni tentativi di creare mondi concorrenti a SL siano terminati o falliti? Mentre i MMORPG continuano a crescere sempre di piu’?

  2. Credo che il cambiamento più grande che SL e i mondi virtuali in generale stiano apportando, sia di tipo antropologico-culturale. Mi fanno sorridere analisi basate sui numeri o sui soldi che girano in world: SL, a dispetto della stessa Linden Lab, non è tanto un fenomeno di business, quanto l’emblema di un modo nuovo di concepire se stessi e le relazioni. Un modo sconcertante, a tratti insano, che rende conto del potere immenso e in larga parte sconosciuto della suggestione.
    Mi sono rimaste marchiate a fuoco nella testa le parole di Edward Castronova, che nella prefazione del suo libro “Exodus to the Virtual World” (Palgrave Macmillan 2007), scriveva: i mondi virtuali sono destinati ad apportare cambiamenti così profondi nella struttura delle nostre società da far sembrare il problema del riscaldamento globale una tempesta in un bicchier d’acqua.
    Qualcuno risponda (con cognizione di causa) alla domanda “cos’è un avatar”, e poi ne riparliamo.

  3. Sul primo punto (guardarsi guardare), avevo effettivamente notato nelle mie brevi e ormai lontane puntate su SL l’analogia con la “visione con” cinematografica, però, forse per il mio scarso investimento nell’esperienza, mi era sembrato mancasse molto del pathos che la “visione con” suggerisce (forse anche per l’assenza dal visibile filmico dello sguardo del protagonista).

  4. @Marika> il punto per me sta proprio nella natura dell-essere avatar, nella svolta socio/antropologica in atto, nel come compatibilizzeremo la nostra vita e la nostra immagine…
    @Marcello> la natura @filmica@ dello sguardo su secondl life, con una propria regia dello sguardo che si muove panoramaticamente guidato da te, rappresenta un ambito interessante di riflessione

  5. @ gba: Il problema forse è nel fatto che ognuno si concepisce a modo proprio, non esistono modi univoci di essere avatar. Come non esistono modi univoci di essere. Eppure, dal basso della mia esperienza, io sento che è qui il nodo da sciogliere per interpretare correttamente questo mondo. Penso per esempio alle operazioni di marketing che sono state tentate, che per lo più si sono limitate all’esibizione di un logo in una piazza, come se ci si stesse rivolgendo ad un pubblico di massa. Nessuno si interroga sui “bisogni degli avatar”, o sulla complessità che nasce quando degli individui si rapportano a se stessi o agli altri attraverso proiezioni estreme della propria interiorità, o una parte di essa.

  6. sono molto colpito dall’aspetto antidemocratico della natura di second life, come del carattere di discontinuita comunicativa che questi ambienti stanno delineando. penso a riguardo che molto dipenda dall’aspetto formale, anzi formalistico di questa nuova dimensione, mentre risponde bene alla domanda di nuovo che questa “nicchia” pone con ansia, male corrisponde alle reali questioni che il cambiamento epocale in corso del mondo della comunicazione sta sollevando. credo che il linguaggio se preso come termine generi un grande equivoco per comprendere e definire la natura e il carattere di questi nuovi ambienti da abitare, cosi le cornici date attraverso la ricerca di ismi, neo o iper a partire da quello che gia conosciamo, sembrano totalmente insufficenti, a mio avviso cambiare (orientare) questo punto di vista è la cosa principale e second life è una prima prova. rimettere al centro di tutto l’uomo anche nella dimensione di avatar è un po la chiave necessaria per continuare a immaginare un mondo contemporaneo, ne quelo che sarà ne quelllo che è gia stato.

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